Altissimi tassi di felicità e di suicidi: il singolare doppio primato dei popoli artici tradisce un'inquietante trend che lo scioglimento dei ghiacci sta portando a galla..
Ogni anno l'ONU redige il World Happiness Report, una valutazione della felicità dei diversi paesi del mondo, basandosi su parametri di reddito, aspettativa di vita, sostegno sociale, libertà, fiducia e generosità. Il rapporto del 2019 conferma lo storico trend che vede ben sei tra i primi nove paesi con il più alto tasso di felicità al mondo situati nella zona Artica (Finlandia, Danimarca, Norvegia, Islanda, Svezia e Canada), di cui quattro nelle primissime posizioni. Il report collima curiosamente con un'altra classifica, quella stilata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità sul tasso dei suicidi nel mondo, il cui unico lato positivo è che la popolazione artica coinvolta costituisce un numero esiguo rispetto all'ammontare mondiale. Infatti, le percentuali dei suicidi in Russia, Canada, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Svezia risultano doppie rispetto a paesi che vivono una crisi economica decennale, come Italia e Grecia, quest'ultima con momenti molto traumatici. Dell'Islanda, addirittura, non vi è traccia nel database dell'OMS.. I popoli della regione sono coscienti di tale triste casistica, con tanto di appositi programmi nazionali di prevenzione dei suicidi, ma le cause risultano essere molto differenti a seconda del tipo di cultura in cui si verificano.
Ogni anno l'ONU redige il World Happiness Report, una valutazione della felicità dei diversi paesi del mondo, basandosi su parametri di reddito, aspettativa di vita, sostegno sociale, libertà, fiducia e generosità. Il rapporto del 2019 conferma lo storico trend che vede ben sei tra i primi nove paesi con il più alto tasso di felicità al mondo situati nella zona Artica (Finlandia, Danimarca, Norvegia, Islanda, Svezia e Canada), di cui quattro nelle primissime posizioni. Il report collima curiosamente con un'altra classifica, quella stilata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità sul tasso dei suicidi nel mondo, il cui unico lato positivo è che la popolazione artica coinvolta costituisce un numero esiguo rispetto all'ammontare mondiale. Infatti, le percentuali dei suicidi in Russia, Canada, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Svezia risultano doppie rispetto a paesi che vivono una crisi economica decennale, come Italia e Grecia, quest'ultima con momenti molto traumatici. Dell'Islanda, addirittura, non vi è traccia nel database dell'OMS.. I popoli della regione sono coscienti di tale triste casistica, con tanto di appositi programmi nazionali di prevenzione dei suicidi, ma le cause risultano essere molto differenti a seconda del tipo di cultura in cui si verificano.
Uno studio condotto nel 2018 dal Nordic Council of Ministers, un forum di cooperazione tra i governi di Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca e Islanda, ha analizzato i sintomi di questo vero e proprio problema. Il sunto delle conclusioni raggiunte dal report è il seguente: la felicità non è distribuita in modo uniforme. Nonostante il diffuso livello di benessere, allo stesso tempo, il 12.3% della popolazione riporta bassi livelli di soddisfazione di vita. Le fasce di popolazione più vulnerabili sono i giovani (18-23 anni) e gli over 80. Il 13.5% dei giovani e il 16% degli anziani riportano i livelli più alti di infelicità e sofferenza psicologica (in particolare in Danimarca il 18.3% dei giovani ha problemi psicologici e in Norvegia, questi sono aumentati del 40% in 4 anni. Negli ultimi anni è stato osservato anche un aumento delle cattive condizioni di salute mentale. Tra i giovani in generale, sia donne che uomini, la mancanza di contatti sociali. In quasi tutte le fasce d'età, i maschi - in particolare quelli più anziani - sono i meno attivi socialmente, cosa che è associata all'infelicità. Al contrario, le persone più religiose sono anche le più felici. Infatti, in tutti i paesi nordici, le persone religiose sono risultate più felici degli altri anche quando non hanno migliori livelli di reddito rispetto agli atei o alle persone “moderatamente” religiose.
Non fu un caso che il Metal anni '80 trovò due suoi specifici filoni in Scandinavia. Il Viking Metal, di carattere epico, eroico e romantico, focalizzato sull'età vichinga, la mitologia nordica e le religioni precristiane, quasi un tentativo di risposta all'atomismo ingenerato dal benessere consumistico moderno, tramite il recupero di radici identitarie, ma, soprattutto, il Black Metal Inner Circle, un'organizzazione criminale di matrice anti-cristiana nata in Norvegia, con tanto di raduni presto trasformatisi in rituali e cerimonie sataniste, sovente accompagnati da sacrifici di animali e orge, in cui si annoverano i più rinomati gruppi di black metal estremo, in primis i Mayhem, ideatori dell'oscura organizzazione di cui sopra; l'oscura band vide suicidi il cantante, "Dead" (Per Yngve Ohlin), e il chitarrista "Euronymous" (Øystein Aarseth) assassinato nel 1993 dal membro di un'altra formazione di metal estremo, Varg Vikernes dei Burzum, suo sodale in progetti vandalico-terrosistici (progettavano di fare saltare la cattedrale di Nidaros..).
La componente religiosa e spirituale risulta essere, invece, il terreno principale di crisi nell'identità delle popolazioni autoctone. Inuit o Eschimesi, del Canada (Labrador nord, Nunavik, Northwest Territories e Nunavut), della Groenlandia e della punta nord-orientale della Siberia, Yupik, anch'essi Eschimesi (distinguibili in Alutiiq della penisola dell’Alaska, Yupik dell’Alaska Centrale e delle coste occidentali e Yupik siberiani), Aleuti o Unanga delle Isole Aleutine e della regione russa della Kamčatka, Jakuti o Saka/Sacha, turcofoni della Repubblica Sacha (o Jakutija) in Siberia settentrionale (divisibili in Jakuti del nord e del sud), Komi, della Repubblica russa dei Komi (oblast' di Murmansk), dei distretti autonomi di Chantia-Mansia e di Jamalia, del Territorio di Perm' (Komi-Ižemci e Komi-Permiacchi) e dell'oblast' di Kirov (Komi del Kama), i Nency della tundra russa di Jamalia e Nenezia (inclusi i Chandejar, o Nenezi della Foresta, e i Nenezi Kominized, variante figlia di matrimoni con tribù di Komi), Tungusi o Evenchi, distribuiti tra Siberia, Mongolia e Manciuria, Sami o làpponi, della parte settentrionale della Fennoscandia, divisi tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, hanno una caratteristica comune: vivere di caccia, pesca, raccolta e allevamento, utilizzando i materiali e le risorse dei territori a loro accessibili, in un rapporto simbiotico con la Natura sublimato dallo sciamanésimo, un complesso di credenze e pratiche rituali (riscontrabili anche in altri contesti etnografici) imperniate sulla figura dello sciamano, una sorta di capo carismatico investito di responsabilità collettive, mediatore tra la comunità e gli spiriti, stregone e terapeuta ritenuto capace di provocare malattie, oltre che di guarirle. La sua funzione principale è quella di assicurare la 'fortuna' nella caccia, in base all'idea che gli esseri naturali di cui si nutre l'uomo (selvaggina, pesci, piante) siano dotati anch'essi di una componente spirituale. Le realtà indigene poggiavano, quindi, su un rapporto spirituale armonico e complementare con il Tutto che le civiltà allogene hanno rotto, portando una mentalità dicotomica tra Uomo e Natura, in cui il primo domina la seconda. L'interruzione di antiche tradizioni di vita e la diffusione della piaga dell'alcol hanno reso vulnerabile il sistema nervoso di dette popolazioni, con evidenti risultati negativi: bassa speranza di vita, alto tasso di suicidi e forte livello di alcolismo.
Emblematico è il caso degli Inuit groenlandesi, che annoverano il più alto tasso di suicidi conosciuto al mondo. Tra il 1970 e il 1980, tale triste statistica è quadruplicata a circa sette volte quella degli Stati Uniti (oggi è ancora circa sei volte superiore), tanto che non è un'esagerazione affermare che tutti in Groenlandia conoscono qualcuno che si è ucciso. L'entrata in gamba tesa da parte di logiche economiche ed industriali, prima danesi e oggi cinesi e non solo, ha rotto un equilibrio sociale di millenni. Il governo danese ha introdotto società commerciali e pescherecci da traino, minando la tradizionale economia nei piccoli villaggi locali, basata sulla caccia e il commercio collettivi di carne e pelli. Il riscaldamento globale, fenomeno accentuato nell'Artico (probabilmente anche più di quanto si pensi, stando a recentissimi studi), sta dischiudendo lo scrigno groenlandese agli appetiti delle Major. Non solo idrocarburi, ma anche le cosiddette "Terre Rare", di cui i cinesi hanno sviluppato una propria formula di lavorazione, elementi sempre più richiesti nelle applicazioni della tecnologia odierna, dagli schermi dei cellulari, alle batterie elettriche, fino alla componentistica missilistica di precisione. Nel suo "Artico, la battaglia per il Grande Nord" (2018, Neri Pozza editore, Vicenza), Marzio Mian testimonia l'interesse delle compagnie minerarie, dalla svedese Lkab (olivine, usata nelle acciaierie), la canadese Quadra Mining (molybdeno), i norvegesi della LNS (rubini), l'australiana co-partecipata dai cinesi GME (uranio), la China Ninferrous (zinco) e colossi mondiali come BHP Billiton, Rio Tinto, Anglo-American e Xstrata che intraprendono carotaggi, esplorazioni e attività di lobbying nei ministeri. Attività che comportano importanti ricadute ambientali, cosa aggravata dal fatto che le "Terre rare" non devono il proprio aggettivo ad una effettiva scarsità, bensì ad una loro bassa concentrazione nel materiale estratto, con conseguente utilizzo di maggiore energia e di agenti chimici inquinanti (per le falde acquifere e l'ecosistema marino in cui verranno sversati), necessari per la processazione. Il fatto che la Groenlandia abbia una bassissima densità di popolazione e che sia geograficamente "fuori mano" potrebbe agevolare il processo di delocalizzazione delle attività industriali inquinanti dal Primo al Terzo Mondo, in cui potrebbe ricadere la terra degli Inuit, la cui verginità ambientale sarebbe sacrificata per assicurare la transizione ecologica nei Paesi OECD e in Cina. Insomma, la colonizzazione sta portando la maggioranza delle comunità autoctone ad abbandonare del tutto o in parte il proprio stile di vita originale. Anche se oggi alcune popolazioni stanno cercando di recuperare usanze e tradizioni, la civiltà degli allevatori di renne, dei cacciatori di mammiferi marini e dell’uomo in armonia con l’ambiente rischia di scomparire per sempre.
Conclusione
Il suicidio è l'ultimo atto di un pernicioso percorso personale e sociale involutivo in cui l'individuo smarrisce il suo senso di stare al mondo o dispera nel futuro. Il 26 Dicembre la tragedia ha toccato anche l'altolocata casa regnante norvegese, con il suicidio del genero di Harald V, lo scrittore Ari Behn, a soli 47 anni. Le evolute e socialmente avanzate società scandinave nutrono un nutrito gruppo di Foreign Fighters. Il male oscuro dell'Artico non distingue né età né classe sociale. I programmi statali di prevenzione al suicidio, da ultimo quello alaskano, puntano sull'inclusione e senso della comunità. Ma le alte percentuali del fenomeno testimoniano che l'armonia interiore di popoli secolarmente abituati a vivere in simbiosi con la Natura è stata rotta da dinamiche esogene, che lo scioglimento dei ghiacci e la conseguente penetrazione dell'opportunistica logica del profitto non potranno che aggravare.
Conclusione
Il suicidio è l'ultimo atto di un pernicioso percorso personale e sociale involutivo in cui l'individuo smarrisce il suo senso di stare al mondo o dispera nel futuro. Il 26 Dicembre la tragedia ha toccato anche l'altolocata casa regnante norvegese, con il suicidio del genero di Harald V, lo scrittore Ari Behn, a soli 47 anni. Le evolute e socialmente avanzate società scandinave nutrono un nutrito gruppo di Foreign Fighters. Il male oscuro dell'Artico non distingue né età né classe sociale. I programmi statali di prevenzione al suicidio, da ultimo quello alaskano, puntano sull'inclusione e senso della comunità. Ma le alte percentuali del fenomeno testimoniano che l'armonia interiore di popoli secolarmente abituati a vivere in simbiosi con la Natura è stata rotta da dinamiche esogene, che lo scioglimento dei ghiacci e la conseguente penetrazione dell'opportunistica logica del profitto non potranno che aggravare.