Si parlerà del perché si sta arrivando all’ennesimo scontro tra un egemone, il suo incumbent e perché è uno scontro tra civiltà, non solo una questione di potenza e influenza
Il motivo che spinge gli USA al rollback della Cina non è prettamente socio-economico interno, ai fini di riequilibrare le dinamiche della propria Globalizzazione, il cui costo/beneficio ha favorito le multinazionali domestiche grazie alle delocalizzazioni ma scontentato l'americano medio rimasto senza lavoro.
Non è nemmeno per l'egemonia geografica, economica e militare, in Asia e, nel lungo termine, mondiale.
La Cina non ha alleati propriamente detti nel sud est asiatico: Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine, Australia, India sono tutti nell'orbita statunitense, non a caso paesi indo-pacifici, fondamentali per dare respiro alle ambizioni di sviluppo cinese.
E neanche i Nord Coreani, che temono l'abbraccio cinese (Riotto 2016 39-40; Banzato 2016, 203-204).
Il timore recondito americano è la prospettiva a cui conduce la lettura tra le righe del libro bianco.
È lo Slancio "made in China" del Rinascimento nazionale, narrativa propedeutica alla proiezione estera del Paese.
Perché gli USA non temono i russi? Perché gli basta una politica di contenimento e accerchiamento geografico, mentre è necessario il Pivot to Asia in funzione anti-cinese, nonostante la preponderante superiorità convenzionale dell'esercito russo sui cugini (post) comunisti orientali?
Perché la Russia non "riesce", la Cina sì.
La Russia ha il PIL della Spagna, a causa della sperequazione distributiva perseguita dopo il 1989 e tutt'ora in essere (
Novokmete e Piketty e Zucman 2018, 82); la Cina in prospettiva trentennale supererà gli statunitensi, riprendendosi il posto nella Storia come Paese più prospero.
La Grande Madre Russia ha vissuto un singolare processo di “Empire Implosion”.
L'oscuro decennio di sfaldamento eltsiniano ha visto la risposta dello Stato Profondo, i Siloviki, la burocrazia securitaria (Cilento 2013, 135-142), nerbo del mantenimento dello Stato e persecutori dell'azione imperiale all'estero, aldilà degli umori della Politica.
Negli USA tale Élite è rappresentata dalle Agenzie federali, appunto, securitarie: per ordine di budget e, dunque, di peso decisionale, Pentagono (Petroni 2018, 169-179), CIA-NSA e Department of State (Fabbri 2018, 33-44 e 181-191).
E il Congresso come co-think thank e, soprattutto, finanziatore fondamentale delle politiche imperiali. Senza scomodare i Presidenti statunitensi, depotenziati in tempo di pace e transeunti rispetto ad apparati che annoverano esponenti di corso anche trentennale.
I Siloviki sono stati una reazione, dunque, un contro-slancio conservativo per impedire la dissoluzione dello Stato. L'Eurasiatismo può servire a supporto della proiezione estera russa, che, però, è solo militare: la Russia esporta solo Security.
Non decolla economicamente.
E nella sua fase storica più sensibile alla contaminazione di logiche capitalistiche, gli anni 90, gli statunitensi hanno scelto la Cina come “fabbrica del Mondo”.
Rispetto alla Russia, gli USA hanno vissuto un processo di "Empire Building" uscendo dal loro beato isolazionismo con la Grande Guerra; i cinesi, invece, si stanno aprendo al Mondo solo dal 2013 con l'era Xi Jinping, abbandonando la secolare postura internazionale cinese del "basso profilo".
Ambedue nazioni in tumultuosa crescita, ad un certo punto hanno deciso di farsi Impero. Per sostenere tale proiezione estera abbisognano di un Paese socialmente granitico e ideologicamente fedele alla mission imperiale.
Ciò ha comportato, chi cento anni fa e chi oggi, un grosso processo di razionalizzazione e compattamento della Società, a livello etnico, politico, istituzionale, economico e militare, e la creazione di una narrazione idealistica a cui far votare la popolazione, utile a giustificare qualsiasi impegno di risorse nazionali, umane e non, nel resto del Mondo.
Gli Stati Uniti a cavallo della Prima Guerra Mondiale hanno "americanizzato" definitivamente la società, fino ad allora dominata dal ceppo germanico, più fedele al Kaiser che alla Star Spangled Banner.
A costo di assimilarne qualche migliaio più riottoso in campi di internamento (Fabbri 2014, 55-64).
Così i cinesi stanno procedendo alla completa sinizzazione di popolazioni e territori sensibili da questo punto di vista.
Da qui il progressivo inglobamento amministrativo ed economico di ex domini coloniali occidentali, come Macao e Hong Kong, inserendole nelle Free Trade Zone, (LO 2018, 167 e 171-173) e il tentativo di assimilazione culturale delle minoranze, soprattutto quelle più problematiche come gli Iuguri nello Xinjiang.
A costo di assimilare i più refrattari in campi di “rieducazione”.
La Cina si sta facendo Impero sotto i nostri occhi. Non è più tempo di basso profilo.
Xi Jinping ha annunciato al Mondo che la Cina si sta aprendo ad esso e lo farà come in ogni proiezione imperiale che si rispetti: prima con Esplorazione (oggi scientifica) di avanscoperta, poi il Commercio – sempre ben accetto -, infine con la salvaguardia degli interessi tramite il Soldato.
La fenomenologia dell’Imperialismo è rispettata.
Manca il Prete, elemento religioso più affine all’imperialismo occidentale cristiano.
Cambierà la figura ma non lo schema: “il sogno cinese di un grande Rinascimento nazionale” è un Chinese dream, uno slancio propositivo in nome di una via cinese alle “cose”: “il popolo cinese aspira a unirsi al resto del mondo per mantenere la pace, perseguire lo sviluppo e condividere la prosperità”.
Scritto in calce nella prefazione della nuova versione della Military Strategy.
“Costruzione di un moderno paese socialista prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato e armonioso” (
CMS 2015, I).
E’ la Cina che ritorna armoniosamente al suo posto nella Storia e ad allargare il concetto di “Tutto sotto il Cielo” in “Tutti sotto il (suo?) Cielo”.
Ma prima deve assicurarsi di diventare un gigantesco Tao.
“Col termine Tao, intendo tutto ciò che induce il popolo ad essere in armonia coi suoi capi, per la vita e per la morte, sfidando anche il pericolo estremo” (Sun Tzu, Capitolo 1, quarto insegnamento).
Dunque per la Cina aprirsi al Mondo è una sfida, che può contemplare anche la Guerra. Ecco perché è fondamentale compattare i ranghi ed eliminare teste calde individualiste in tutti i corpi sociali che contano per governare.
Da qui tutta una serie di organi ispettivi ad hoc, con potestà giudiziaria eccezionale, facendo leva nella lotta alla corruzione (BO 2018, 97-100).
La Commissione Centrale di Controllo per “tagliare teste” nel Partito, perché il PCC è lo Stato.
La Commissione Militare Centrale per “tagliare teste” nell’Esercito, perché occorre assicurarsi fedeltà e controllo del massimo organo detentore monopolio della forza.
Ora la Commissione di Supervisione Nazionale, per “tagliare teste” nell’ingranaggio incubo di ogni Governo, la Burocrazia.
Il fatto che la ruota del Tao girerà comunque nella stessa direzione con qualunque Presidente lo testimonia un piccolo avvenimento: contrariamente alle attese, Wang Qishan, il potente numero due di Xi, non è stato prorogato alla guida della Commissione Militare Centrale, rispettando l’informale regola del limite di 67 anni per l’alta dirigenza.
Molteplici i significati: non fare eccezioni è un ottimo viatico per attirare consenso in chi spera nell’ “ascensore sociale”, dando così opportunità a tutti i boiardi di fare carriera; può segnalare anche che l’organo in questione ha parzialmente terminato la sua missione, data la contemporanea nascita della Commissione di Supervisione, con ben altri e più estesi compiti; infine, se i leaders cambiano ma la politica rimane la stessa, ciò testimonia che la base su cui poggia il potere è solida.
Ma tutto ciò non sorge per caso: è stato programmato da tempo, decenni. Pazientemente e ineluttabilmente, a testa bassa e senza apparire, come nello stile orientale.
L’America teme la riuscita cinese perché ci si riconosce (Valigi 2017, 40), ma mal tollera che accada ad un popolo non anglosassone.
Parafrasando Max Weber, "L'etica calvinista e lo spirito dell’Imperialismo": se in vita hai fortuna significa che hai avuto la benevolenza di Dio.
Sei fortunato e ricco perché te lo sei meritato agli occhi di Dio.
Viceversa: se non sei ricco è perché hai demeritato e Dio non è con te.
Questa l'etica del Protestantesimo.
Corollario: se sei già ricco hai meritato e Dio è con te; quindi anche se diventi ricco Dio è con te.
Da cui il collegamento con il mondo degli affari: la fortuna nel business è segno di divina benevolenza per i propri meriti.
Etica del Capitalismo.
Il "riuscire" stesso diventa il valore: l'American Dream, il mito delle opportunità per tutti; cosa che, prima o poi, premia i volenterosi e i capaci (preferibilmente WASP, si è appurato col tempo..)
Fin qui l'aspetto individuale.
Traslato a livello di Società e Stato, la traduzione è la seguente: Se l'America è diventata la Potenza Dominante è perché lo ha meritato e ha avuto, perciò, la benevolenza divina.
Viceversa, se il Resto del Mondo è sotto scacco significa che ha demeritato e che Dio lo ha castigato all'irrilevanza.
Segue corollario conservativo: gli USA sono legittimati a difendere, in qualsiasi modo, tale predominio perché Loro lo hanno meritato e gli Altri no.
I rapporti egemonici devono essere mantenuti cristallizzati: se Dio ha allocato benevolenza e malevolenza secondo meriti e demeriti del Passato allora è giusto conservare il medesimo divino disegno per il Futuro.
Involuzione conservatrice anglosassone: come le colpe dei padri ricadono sui figli, lo stesso vale per i meriti.
Chi è egemone e chi è egemonizzato ha meritato di esserlo, dunque di continuarlo ad essere.
"..sia lodato l'Onnipotente che ci ha creato e protetto come una nazione. Dobbiamo perciò prevalere quando la nostra causa è giusta e questo è il nostro motto: "Abbiamo fede in Dio" (frasi finali dell'inno USA, 1814).
La prova delle prove è stato scriverlo sul Dollaro: In God We Trust. Perfetta sintesi di Capitalismo (Dollaro, moneta commerciale mondiale) e Protestantesimo calvinista (professione di fede scritta in calce sulle banconote).
Gli USA non hanno più una “teoria della vittoria”, destino di sopraffazione insito nella cultura cristiana antropocentrica di sostrato, che gli intima “riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra” (Genesi, 1, 26-31).
La Cina, invece, ha una postura panteistica, olistica, sincretistica con il Tutto, ove l’Armonia è entrare in simbiosi con il divenire delle cose.
Anche il modello economico è opposto: da una parte un’economia finanziarizzata (Ricci 2017, 65-68) ove, grazie all’abolizione della Glass-Steagall Act e allo Stato Minimo, il Capitale risucchia risorse dall’economia reale sbizzarrendosi nella creatività finanziaria e nel time-to-market sfrenato, giovando della potenziale illimitatezza della Moneta (dal 1971..), che crea mezzi di pagamento cartolari effimeri ma utili a generare alti rendimenti, finché il castello non cade (l’importante è non rimanere col cerino in mano).
Dall’altra, saldo controllo pubblico su economia, credito e intermediari finanziari; vendita allo scoperto vietata; orientamento delle risorse in vecchi e cari investimenti diretti keynesiani in costruzione di “cose che rimangono”, strade, ponti, ferrovie, città: infrastrutture.
Economia finanziaria VS Economia reale.
Perché un’egemone che ha fatto di innovazione tecnologica e rinomate università le pietre angolari della propria supremazia militare e culturale mondiale si accorge all’improvviso che è la Cina a disporre con tre/quattro anni di anticipo del 5G, chiave della prossima rivoluzione tecnologica, lo IoT??
Cosa facevano nel frattempo gli Yankees?
La Cina, intanto, tesse la tela e il suo filo di perle, ormai una catena via via più presidiata ed estesa, fino a Jamal (Cuscito 2019, 167).
E sempre più paesi accettano Yuan nelle transazioni.
Chissà, forse presto le Terre rare, di cui quasi monopolio mondiale cinese, saranno trattate in Renminbi..
La Cina ha contraccolpi, rallentamenti e spinte eccezionali nel suo epocale progetto. Problemi interni enormi, immensi territori ancora da controllare completamente, una popolazione in gran parte ancora povera, vittima di storica insufficienza alimentare (
MOA 2016), ma un fenomenale dinamismo che la porta attorno alla Luna (Aliberti 2017, 4; OrizzonteCina 2017, 11; Zhang 2017, 6-
7) e ad esplorare inedite latitudini polari, cavalcando le tecnologie del futuro, in cooperazione, possibilmente, ma mettendosi in condizione di fare anche da soli se l’antagonista proverà a fargli terra bruciata attorno.
La Cina ha anche l’avvedutezza di voler mitigare la propria esuberanza in un inedito
pan-asiatismo da guidare contro il suprematismo occidentale, come ha scandito Xi Jinping a Maggio alla Conferenza sul Dialogo delle civiltà asiatiche a Pechino (
Kyodo News).
Guida regionale in nome di valori di cooperazione e sviluppo internazionali; ricorda qualcosa di napoleonico nell’intento, ma con armi più raffinate.
Il problema è che oggi gli Stati dispongono di strumenti di distruzione tali che querelles egemoniche che un tempo si decidevano con qualche battaglia navale potrebbero avere esiti nefasti come mai prima.
E non bisogna scartare la possibilità che la tecnologia non finirà per liberarci, ma, anzi, per asservirci, come vaticinava Günther Anders, o, peggio, distruggerci..
Di sicuro la Storia si è rimessa pesantemente in moto e non sarà facile a questo giro rinchiudersi nel proprio orticello.
Appendice I: BIBLIOGRAFIA
Aliberti M.,”Il programma spaziale cinese tra industria 4.0 e geopolitica”, in “Sopra un unico cielo”, OrizzonteCina, Vol. 8 n. 1/2017
Banzato R., “Vicine come labbra e denti. Lo scomodo rapporto Pechino-P’yongyang”, LIMES, “La Corea è una bomba”, n. 12/2016
BO Z., “Il Partito a immagine e somiglianza di Xi”, LIMES, “Non tutte le Cine sono di Xi”, n. 11/2018
Cilento M., “Democrazia (in)evitabile. Lezioni dal mondo post-sovietico”, EGEA, Milano (2013)
Cuscito G., “L’Artico è vicino ma non sarà della Cina”, LIMES, “La febbre dell’Artico”, n. 1/2019
Fabbri D., “Negli abissi della superpotenza” e “Il mondo degli apparati americani”, LIMES, “Stati profondi, gli abissi del potere”, n. 8/2018; “La guerra al Kaiser liquida l’America tedesca e vara la superpotenza americana”, LIMES, “2014-1914: l’eredità dei grandi Imperi”, n. 5/2014
LO S.S., “L’integrazione di Hong Kong e Macao serve ad annettere Taiwan”, LIMES, “Non tutte le Cine sono di Xi”, n. 11/2018
Petroni F., “I proconsoli d’America”, LIMES, “Stati profondi, gli abissi del potere”, n. 8/2018
Riotto M., “La Corea non è un Paese”, LIMES, “La Corea è una bomba”, n. 12/2016
Ricci A., “La geografia dell’incertezza”, Exorma, Roma (2017)
Valigi M., “Le medie potenze. Teoria e prassi in politica estera”, Vita e Pensiero, Milano (2017)
Zhang. Z, ”Passato e futuro dell’impresa spaziale cinese”, in “Sopra un unico cielo”, OrizzonteCina, Vol. 8 n. 1/2017