venerdì 28 febbraio 2020

L'Iran moderno secondo Rokkan & Lipset


Per vecchi studenti di Scienze Politiche e lettori di Limes, Eurasia e via dicendo, l'Iran è una realtà geopolitica che suscita vivo interesse. Hegel stesso ne era attratto, in quanto popolo "storico". La Persia ha esattamente le due caratteristiche citate che la rendono attraente: è un Popolo ben definito, con una Storia millenaria dai contorni ben delineati (lingua farsi, zoroastrismo), ed è hegelianamente "storico", cioè ha una sentita coscienza di sé.

Ciò che rende ancora più affascinante i diretti discendenti degli Ariani è la particolarità di aver sempre trovato una "via iraniana" alle influenze esterne subite (da ultimo la trasformazione dello Sciismo in una propria versione dell'islamismo), una capacità di evolversi e rimanere contemporaneamente sé stessi.

Nella sua lunga storia la Persia ha avuto molte vite. Per capire in parte l'Iran oggi torna utile la teoria dei cleavages di Rokkan e Lipset. I due politologi norvegesi svilupparono una intelligente teoria per interpretare le varie anime che caratterizzano i popoli nelle differenti fasi storiche. L'idea è che esistono delle fratture divisive attorno alle quali si formano e si oppongono le coscienze dei gruppi sociali. E generazionali, nel caso iraniano. Dicotomie come Città-Campagna, Chiesa-Stato, Potere centrale-Potere periferico, e relativi momenti storici epocali, come la Rivoluzione Francese, Waterloo, il 1848, le guerre mondiali, sono alcuni illuminanti esempi.


Per inquadrare in siffatto modo l'Iran moderno, si possono individuare tre avvenimenti-frattura: due interni, la Rivoluzione Islamica del 1979 e la Guerra con l'Iraq 1980-1989, e uno esogeno, Internet, soprattutto dal momento della sua evoluzione e diffusione Social via smartphone (2008/9). A queste si è legata cronologicamente la mentalità delle tre generazioni iraniane degli ultimi quarant'anni, quella del Clero combattente, quella del Fronte e, infine, quella degli attuali under 35, il 70% della popolazione.

Trattandosi di specifici blocchi sociali, viene in soccorso la chiave di lettura sociologica sulla creazione identitaria e le necessarie (ma non sufficienti) propedeutiche contrapposizioni che la creano.

In Psicologia sociale, per un gruppo è importante individuare un avversario al  fine di compattare le fila, ma non basta per garantirne la sopravvivenza (basterebbe l'eliminazione della minaccia indicata per fare venir meno le fondamentali motivazioni aggregative): occorre avere un'ideologia proattiva, un sistema di idee costituenti una weltanschauung positiva non meramente oppositiva (volendo adottare un'accezione neutra del termine "ideologia")


PRIMA FRATTURA, la Rivoluzione Islamicain essa si identifica la Prima Generazione, riconoscendovi il proprio momento fondativo in contrapposizione con il laicismo filo occidentale della precedente cultura "Pahlavi". L'ideologia è la religione islamicapromossa e difesa nella società dal clero detto combattente. Il corollario è l'identificazione del Nemico nell'Occidente (il grande Satana statunitense) e le sue propaggini mediorientali (il piccolo Satana israeliano), nonché nel suo sistema di valori libertari.

Come si pongono le altre due generazioni riguardo al primo cleavage della Rivoluzione del '79? Quella del Fronte ne ha preso alla lettera la parte oppositiva in forza della quasi immediatamente successiva e nodale esperienza della Guerra contro l'Iraq, suo cleavage costitutivo, come vedremo subito dopo. La Terza Generazione, invece, è distante dalla Rivoluzione morale del'79, non solo cronologicamente, ma anche grazie ad Internet e ai Social, i quali hanno consentito la penetrazione dei modelli occidentali (mondialisti, diremmo oggi).


SECONDA FRATTURAla Guerra con l'Iraqprincipio della coscienza della Seconda Generazione, per la quale la Rivoluzione è una condizione bellicosa senza fine. Mentre il Clero combattente si riempiva la bocca contro i nemici della Nazione, i giovani della Seconda Generazione ne vivevano le mortali conseguenze sui campi di battaglia, elevandole a supremo scopo della causa rivoluzionaria. La Rivoluzione è stata risemantizzata dalla Generazione del Fronte come lotta continua: da qui la continua tendenza a mantenere alta la soglia dell'attenzione combattiva, da Israele all'Arabia Saudita agli Stati Uniti.

La Prima Generazione sa che dovrà essere sempiternamente grata e riconoscente verso i martiri degli anni '80 e ha concesso status speciali e privilegi ai loro familiari e discendenti, creando forze militari e paramilitari (Pasdaran e milizie Basji) e un comparto economico (le Fondazioni) paralleli nella Società. E ciò blocca le opportunità della Terza Generazione al di fuori dell'orbita clientelare e parentale della Seconda.

La Terza Generazione, invece, è tanto avulsa dalla Rivoluzione islamica quanto dalla logica della "Lotta continua" che oggi viene sapientemente riattizzata dai fomentatori, bipartisan, di tensione in Medio Oriente. I giovani non capiscono perché lo Stato debba investire in Siria, Irak e Yemen risorse utili per l'economia interna e per creare lavoro e, genericamente, benessere interno.

Il tasso di disoccupazione giovanile è del 28,30% su una fascia 15-24 anni di ben 10,28 milioni di individui; cioè quasi 3 milioni di giovani a spasso. Contando che su una popolazione attiva (15-64 anni) di 58,727 milioni la disoccupazione è del 12,2%, pari a 7,164 milioni. Naturale che lo sforzo bellico all'estero sia visto come inutile e incomprensibile, soprattutto in regime sanzionatorio statunitense & Co., con limitate risorse economiche e un'inflazione più che galoppante, ma non (ancora?) iperinflattiva.


TERZA FRATTURA, Internet e i Social. Oggi tutto è in Rete. Anche mentalità, modelli e stili di vita esteri con cui venire a contatto. Abbattute, così, le barriere geografiche e le possibilità di contaminazione culturale, giovani di Teheran assomigliano a quelli delle grandi città europee, americane ed asiatiche.

La Terza generazione è figlia di internet e dei social. In Rete ha visto cosa c'è nel resto del mondo e, semplicemente, vuole vivere in pace e prosperità, disinteressata a bellicosi richiami nazionalistici moraleggianti. La mentalità datata delle altre due generazioni, unita alla carenza di ascensori sociali (l'Iran sconta, per ciò, un'altissima fuga di cervelli), sono un collante bastevole per indirizzare le rimostranze dei giovani verso un anelito di maggiori libertà e opportunità sociali, economiche ed espressive (gli artisti sgraditi al regime vengono arrestati)

Cosmopoliti, urbanizzati, ascoltano musica iraniana e occidentale (molti artisti persiani hanno potuto esprimersi solo all'estero), bypassano il blocco governativo su internet tramite VPN (nel 2011 si contavano ben 28 milioni di internauti e fino a 110 mila blog attivi), perlopiù secolarizzati, orgogliosi di essere persiani, ben consci dell'ostilità degli arabi, a loro giudizio invidiosi della civiltà iraniana, considerata loro superiore in Storia, Arti e Scienze, e molto ben propensi verso Turchi e Israeliani.



Prima e Seconda generazione non possono fermare la modernità, ma si stanno attrezzando per neutralizzarla: i social sono stati un importante nuovo strumento di coordinamento nelle proteste del Gennaio 2018 e il Governo punta esattamente al controllo della Rete domestica per limitare le potenziali minacce allo status quo. Il silenziamento della Rete sta ormai divenendo un'efficace arma di censura e controllo sociale (ricordiamo: i blackout egiziani nei giorni della caduta di Mubarak nel 2011 e nelle operazioni anti-Isis nel nord del Sinai nel 2018; il recente isolamento internautico del Kashmir, durato ben cinque mesi, nella democratica India).

Così anche l'Iran, varato nel 2016 un proprio progetto infrastrutturale di Rete domestica (NIN, National Information Network), per legittimi scopi difensivi in quello che ormai è considerato il Fifth Domain, quello cyber, ha recentemente utilizzato la sospensione del segnale internet per motivi di pubblica sicurezza (o repressione, a seconda dei punti di vista).

Riassumendo schematicamente:


Molto ci sarebbe ancora da dire, ma ci si riserva di sviscerarlo in future variazioni sul tema. Per ora basti confrontare l'Iran che traspare  dal filmato sull'incoronazione dell'ultimo Scià nel 1967 al passaggio di consegne da Ahmadinejad a Rouhani nel 2013: da una parte un paese colorato molto simile all'Europa del tempo, dall'altra tristi manifestazioni in grigio e nero in moschee che nemmeno riscaldano il cuore degli iraniani, che è zoroastriano, loro antica e peculiare religione, di cui conservano evidenti tracce (l'anno nuovo persiano, il Nowruz, inizia il 21 Marzo, secondo un calendario solare diverso dal gregoriano, e quest'anno l'Iran sarà nel... 1399 - Sic!)
Il sapore di involuzione è molto amaro e ricorda l'analogo percorso fatto nello stesso lasso di tempo, ma per altri motivi, da quella che un tempo era ritenuta la "Svizzera del Medio Oriente", il Libano.

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